venerdì 8 settembre 2017

MIO, TUO, NOSTRO. LA CONDIVISIONE E I BAMBINI


La condivisione: quanto è difficile trasmetterla ai bambini! O forse, invece, basterebbe lasciarli fare, senza obbligarli o incentivarli, senza sforzare i loro spontanei equilibri nei giochi? È sempre giusto spronarli a condividere con gli altri le proprie cose? È sempre giusto volere a tutti i costi che giochino insieme agli altri bambini?
Con un quasi quattrenne in casa, mi pongo spesso queste domande, perché è all'ordine del giorno il contatto con i suoi coetanei e, quindi, la riflessione su cosa voler trasmettere a mio figlio circa il condividere le sue cose, i suoi giochi, anche i suoi spazi.
Guardandolo stare insieme agli amichetti, mi sono fatta l'idea che forse l'osservarlo da una certa distanza e il lasciarlo gestirsi le relazioni sia l'atteggiamento migliore e più costruttivo dei continui <Giocate insieme!> e <Lascialo un po' anche a lui/lei!>.
BabyD, nel momento in cui altri bimbi arrivano a casa nostra, inizia a mostrare tutti i suoi giochi: peluches, macchinine, libri, ogni piccola scatola, anche non utilizzata di sovente quando è da solo, diventa oggetto da far vedere agli amichetti. Come trofei. Segue una fase di osservazione di cosa gli altri fanno con le sue cose. Solitamente non mostra particolare nervosismo se gli altri bimbi iniziano a giocare, ma se c'è qualcuno che mostra "troppo" interesse per un gioco, magari il suo preferito, allora viene da me, mi dice che quella è una cosa sua, come a ricordarmelo, nel caso l'ospite avesse anche solo l'idea di portarselo via e io non fossi pronta a intervenire. La mia rassicurazione gli basta. Al diretto interessato è però difficile che dica qualcosa, che reclami a gran voce la sua proprietà. Proprio qualche giorno fa, sono stati a casa nostra tre bimbi, che BabyD non conosceva nemmeno tanto, se non dai miei racconti quando l'ho informato che avremmo avuto visite. Lui era dai nonni e quando è arrivato a casa, loro tre stavano già giocando. Io mi chiedevo come avrebbe reagito vedendo i "suoi" giochi sparsi per la sala e usati da altre manine. Non ha fatto nemmeno una smorfia, era più interessato ad avere dei compagni di gioco che non di questionare sulla condivisione dei suoi pupazzetti. Lo confesso: sono rimasta stupita. Sinceramente a me trovare degli estranei, pur invitati, toccare le mie cose, cambiarne l'ordine, avrebbe dato fastidio. Riprendo sempre mio marito quando non rimette nel "mio" posto giusto una cosa. I bimbi invece sanno guardare oltre molto spesso. 
Il concetto di proprietà lo ha più forte quando è da solo, quando arriva un gioco nuovo e vuole assicurarsi che sia suo veramente. Allora lì la frase <Ma qui c'è scritto Danilo?> per ogni parola presente sul gioco è usuale. Ed è pure giusto! Parallelamente alla condivisione, ritengo sia costruttivo trasmettere anche il valore dell'attenzione e della cura per le proprie cose. Così via di etichette, avanzate da quelle per il kit scolastico, per dare la proprietà al nuovo carrello degli attrezzi :-)


Diversa è la situazione se siamo noi ad essere ospiti in casa di altri bimbi. Lì la competizione aumenta. Il gioco nuovo ha un'attrattiva maggiore. E qualche scaramuccia in più succede. Anche in questo caso generalmente non prevalgono le urla, ma le lacrime sì. Se sta giocando con qualcosa e arriva vicino a lui un altro bimbo o se vorrebbe un gioco che in quel momento è in mano di un amichetto, non dice nulla, semplicemente si alza e se ne va, abbandona il gioco o ci rinuncia, piuttosto di condividerlo. E arriva da me triste, sconsolato, in lacrime per dirmi che vuole assolutamente quel gioco, tutto per sè.
Mi sono fatta l'idea che per lui, quindi, non è tanto il concetto di proprietà che lo mette in crisi (in effetti non lo sento quasi mai dire la tipica espressione <è mio!>), quanto quello proprio di condivisione, di avere qualcosa e utilizzarlo insieme ad altri e non in alternativa.
Forse perché non ha fratelli o cuginetti con cui passa la giornata e tutti questi mesi senza asilo gli hanno fatto dimenticare le attività fatte in gruppo.
Cosa dire allora ad un bimbo così? E'giusto che continui a ripetergli che con un gioco ci si può divertire in due? Che non deve piangere se un altro bambino si avvicina al gioco che sta usando lui? Che si può trovare un modo diverso di divertirsi anche se la macchinina è una sola?
L'ho fatto, più volte, ma senza risultato. 
In questi casi la comunicazione non-verbale credo valga mille parole.
Così sono convinta che l'esempio che respira, che vive in casa sia l'unico modo per fargli capire pian piano che condividere non è motivo di lacrime, ma una delle tante belle possibilità di stare con gli altri. Che non si perde quello che si condivide, anzi. Che si può far felice un amico concedendogli di utilizzare qualcosa di nostro, cosi come siamo felici noi quando ci viene concessa la stessa cosa.
Senza ricatti, senza fargli credere che se non condivide tutto nessuno vorrà giocare con lui in futuro, senza riprenderlo nel momento in cui si impone per tenere per sé un gioco, senza volerlo per forza incasellare nelle regole sociali per noi scontate che al parco si va in altalena un pò per uno, che a palla si gioca anche con gli altri bambini.
Senza intervenire sempre per voler cambiare il suo modo di relazionarsi con gli altri (a meno che il comportamento infantile non porti a mancare di rispetto al prossimo).
Sono fiduciosa che la condivisione arriverà. E quando sarà vissuta, spontanea, sarà sicuramente più bella.



Per etichettare i giochi di BabyD abbiamo utilizzato le etichette Petit-Fernand, giovane e-commerce parigino per creare etichette adesive per il materiale scolastico, etichette termoadesive e adesive per indumenti, nonché personalizzare lunch box e borracce termiche. Mi sono divertita a scegliere font, colore ed illustrazione per il kit per il cucciolo di casa...che non poteva che essere rappresentato da un piccolo koala! Tra l'altro, sul sito di Petit-Fernand vi segnalo una sezione dedicata alle attività per bambini, con tutorial per creazioni fai-da-te, ricette, disegni da stampare e colorare...tanti spunti per giocare insieme ai nostri bimbi!

sabato 2 settembre 2017

UN BIMBO, DUE GATTI E TANTI BASSOTTI


Gli si legge negli occhi e nei gesti l'amore che BabyD prova per gli animali. Soprattutto per quelli che ha sempre visto nella sua vita, da quando è nato. Non in casa, ma dai nonni. Ma tanto è bastato perché diventassero parte di sè.
E gli animali lo sentono tutto l'affetto. E si legge nei miagolii festosi di Nina, la gatta dei miei genitori, e nella sua coda nero-rossastra che si attorciglia sulle gambette di BabyD. Nel placido e goffo arrivare di Cicciogatto, come chiama lui il quattordicenne felino rosso, figlio della mia prima gatta Briciola. E nel suo stare immobile quando mio figlio sprofonda la sua faccia nel suo folto pelo per dargli un bacino. Nei bassotti degli altri nonni, soprattutto i più cuccioli, che appena lo vedono gli saltano con le zampette sulla pancia e lo leccano. E lui ride e gli pare così strano che gli diano tutti questi sbaciucchiamenti con la linguetta ruvida. 
Non teme nemmeno quando il cane è più alto di lui. Il suo amore grande era anche la Babette, un segugio americano che lo superava di un bel po' in altezza, che si sedeva sulla sua sedia, dietro di lui e gli appoggiava la testona nera sulla spalla, che gli prendeva con delicatezza un pezzo di pane dalle manine. Quando è andata in cielo, lui mi ha detto che da grande diventerà un supereroe e la andrà a salvare.
Io da piccolina non ho mai avuto animali, eccetto i canarini; solo a dodici-tredici anni è arrivata una pallina pelosa bianca di nome Nick, una pastore maremmano che ci ha accompagnato per tanti tanti anni, ma non avevo con lui quella simbiosi, anche fatta di fisicità, che ha mio figlio con cani e gatti dei nonni. Forse è una predisposizione diversa di carattere, forse aver trovato gli animali già lì, averli vissuti fin dal primo sguardo lo ha reso più sensibile, gli ha fatto considerare una cosa normale, scontata, naturale stare insieme agli animali domestici.
Forse, essendo l'unico bimbo della famiglia, trova in loro dei piccoli alleati con cui giocare. Ed in effetti li tratta proprio come compagni di giochi.
E a casa, in mancanza di un peloso in carne ed ossa, ha scelto come gioco del cuore, quello con cui dormire la notte, proprio Bau, il bassotto di peluche.


Ciò che mi rende particolarmente felice di questo attaccamento agli animali di famiglia è che quello che si dà e che da loro si riceve è un bell'esempio di amore incondizionato e di rispetto reciproco, di amicizia, senza spazio e tempo, di attenzione verso gli altri. Come quando la gatta Nina ha fame e BabyD le mette le crocchette nella ciotola, imparando a prendersi cura di lei. Come quando la bassottina Tina lo segue la mattina presto per giocare a palla con lui e gli insegna a condividere i giochi.


È anche un esercizio di calma per lui che non sta mai fermo. Con cani e gatti diventa delicato, li accarezza piano, lui che pur è l'irruenza fatta bambino. Li affronta con delicatezza, come fossero una cosa delicata. Allo stesso modo di quando si avvicina ad un neonato e lo chiama <Amore>.
Forse perché davvero, con lo sguardo profondo di bambino, vede in loro l'Amore, quello con la A maiuscola.

domenica 27 agosto 2017

MAMME VISTE DA FUORI


Qualche giorno fa, ero alla cassa di un grande magazzino insieme a BabyD, dopo una spesa veloce. Dietro di noi, in attesa del loro turno, due mamme con i rispettivi figli. Entrambe gridavano verso i loro bimbi, incuranti di tutto e tutti, quindi ogni persona presente ha potuto sentire ogni singola parola.
<Tu mi fai solo piangere!>. <No, non ti sto a sentire, stai zitta!>. <Ecco, bravo, se ti comporti così al compleanno non ci andiamo. Ora chiamo papà e glielo dico!>. <Dove stai andando! Vieni qui e stai ferma!>. <Oggi sei insopportabile!>. <Con te non ce la faccio più!>.
Le mamme con i visi tesi, quasi senza trapelare un'emozione, né rabbia, né stanchezza. Come fossero in trance. I bimbi con il faccino bagnato di lacrime, qualche parola a metà tra le frasi della madre, tentativo di farsi le proprie ragioni, immobili, tristi e sconsolati alla fine, fermi vicino alla mamma.
La prima mia emozione, quella nata dal profondo, è stata la tristezza. Per i bimbi, non rispettati, non ascoltati. Per le mamme, quasi non presenti alla scena di cui erano protagoniste.
Poi è subentrato il giudizio verso queste madri, così insensibili, così non curanti dei figli e del luogo in cui i piccoli venivano trattati così male. Come si fa a dire quelle parole così piene di rancore. Addirittura dire a tua figlia <Mi fai solo piangere!>. Ma quale madre si comporta così!
Ma mentre loro proseguivano i rimproveri e io ero sempre più sconcertata, come un flashback, mi sono venuti alla mente alcuni momenti con mio figlio.
Quando arrivo a fine giornata stanca, desiderosa solo di una doccia calda e di stare stesa sul divano. E ogni cosa, ogni singola cosa che mio figlio fa mi sembra sbagliata, fuori luogo, troppo pesante per me. E allora lo riprendo una volta, gli chiedo per favore di mangiare quello che ha nel piatto e poi di farsi mettere il pigiama. Lui parla ma io non lo ascolto. Gli ripeto solo i miei ordini senza prestare vera attenzione a quello che mi racconta e dice. E lui non fa ciò che io vorrei in quel momento e allora io urlo, lo investo con le mie parole e le mie assurde ragioni. Sono in trance anche io, non riesco a fermarmi, a stare zitta e guardarlo negli occhi. Lo metto a letto veloce, senza quasi accorgermene e solo quando mi fermo, quando regna finalmente il silenzio, torno in me e mi rendo conto di tutto. Di essere stata un'egoista, di non aver rispettato mio figlio come persona. E con il viso rigato di lacrime, torno da lui addormentato e gli sussurro le mie scuse all'orecchio.
Io sono quelle madri.
Chissà qual era la loro storia. Chissà cosa era capitato loro per essere così tese, così stanche. Probabilmente anche loro, appena salite in auto, saranno rinvenute da quel momento di annebbiamento e si saranno pentite del loro comportamento. E, forse, avranno chiesto scusa e sui musetti dei loro bimbi sarà tornato il sorriso.
Il giudizio verso di loro è finito nel momento stesso in cui mi sono immedesimata, in cui ho capito che erano solo mamme viste da fuori e che anche io potrei essere vista da fuori quando non dò il meglio di me con mio figlio.
Un po' triste per questo esame di coscienza, ho pagato e sono uscita tenendo BabyD per mano, tenendolo stretto. E appena stati nel parcheggio, ho aperto la confezione di bolle di sapone acquistata e ho fatto mille bolle per lui. Lì, tra le auto parcheggiate e qualche sguardo un po' dubbioso dei presenti. Abbiamo riso tanto insieme. E questo non sarebbe successo se non avessi incontrato quelle mamme, se non mi fossi vista da fuori. Saremmo saliti in macchina veloci e avremmo perso un'occasione per divertirci.
Guardiamoci da fuori più spesso. E facciamo tante bolle di sapone con i nostri figli!

lunedì 21 agosto 2017

TU CRESCERAI


Tu crescerai e gli abbracci che posso darti oggi, mentre ridendo fai finta di fuggire via, saranno relegati solo ad occasioni speciali.
Tu crescerai e le notti passate a dormire abbracciati nel lettone saranno sempre più rare.
Tu crescerai e non chiamerai più il mio nome quando durante la notte ti sveglierai per aver fatto un brutto sogno.
Tu crescerai e non mi chiederai più ogni pomeriggio di sedermi accanto a te sul divano per guardare insieme il tuo cartone preferito.
Tu crescerai e non sarò più io ad insegnarti le cose, ma, viceversa, sarai tu a tentare di farmi capire qualcosa di nuovo che io non conosco.
Tu crescerai e non preferirai me ai tuoi amici.
Tu crescerai e non dovrò più incoraggiarti per farti passare la paura di fare cose nuove. Anzi, forse dovrò sospirare vedendoti anche troppo coraggioso.
Tu crescerai e non dovrò più leggerti la storia della buonanotte, coricata vicino a te.
Tu crescerai e non mi chiederai più di chiudere gli occhi per prendere dalla mia ciotola l'ultimo cucchiaio di gelato.
Tu crescerai e non mi aiuterai a sparecchiare e mettere in ordine con il sorriso sulle labbra e la soddisfazione di aver fatto qualcosa con me.
Tu crescerai e un bacino non basterà a farti passare ogni male.
Tu crescerai e le cose cambieranno.
Tu crescerai e pian piano diventerai un uomo e io resterò una mamma chioccia, innamorata come oggi di te. Sicuramente incapace di non abbracciarti, almeno ogni tanto.
Il nostro modo di stare insieme, di essere in contatto, dovrà modificarsi. Ed è giusto che sia così.
Ma le coccole di oggi, il nostro essere cresciuti vicini, passo dopo passo, spero possa aver creato una base forte e solida per il nostro stare insieme futuro. Anzi, sono quasi certa sia così.
Darti amore e attenzione dal primo istante non è stato viziarti, non è stato renderti dipendente da me. E' stato, al contrario, farti capire che io ci sono e ci sarò. Ovunque tu andrai. Chiunque tu decida di diventare.
Il tuo porto sicuro. E tu il mio.
Per farti andare nel mondo con le tue gambette, oggi magre poi sempre più robuste, consapevole che il mio sguardo sarà sempre rivolto a te.
Magari da  lontano, magari preoccupato, magari, talvolta, in disaccordo con le tue scelte, ma pur sempre presente.
Pronto a darti quell'abbraccio stretto che ci diamo oggi ogni volta che vorrai.

mercoledì 16 agosto 2017

TRASLOCO. DI COSE E DI CUORE


Traslocare è una fatica. Una delle imprese più impegnative della mia vita, fino a qui. Fonte di stress, di litigi furiosi e di ritorni alla pace solo per pochi giorni, di incomprensioni e decisioni forzate. Se una coppia supera tutto ciò, sono certa che nulla la metterà più in crisi. E devo dire che ce la siamo cavata, io e PapàI. Se poi ci metti che prima del trasloco c'è stato un anno abbondante di lavori di ristrutturazione della nuova casetta, con ogni varia ed eventuale che poteva accadere, e la presenza del cucciolo di casa, il suo cambio di abitudini, il suo cambio di vita che, anche se nettamente migliorata, è pur sempre, soprattutto per i più piccoli, uno stravolgimento...beh, ecco spiegata la follia dei mesi appena trascorsi e la ripresa lenta del quotidiano. E, quindi, la totale assenza da queste mie pagine virtuali.
Ma comunque ce l'abbiamo fatta e ci stiamo godendo la pace della nostra amata "Casa delle scale". [Non vi sto nemmeno a spiegare perché BabyD l'ha soprannominata così! Casa tipica dei carruggi. Fondo, zona giorno, zona notte, terrazza sul tetto, ognuno sul suo piano. Il resto sono scale. Palestra gratuita ogni giorno, vediamola così.]
Questo periodo di delirio mi ha lasciato però, oltre tanta stanchezza da smaltire, tante belle cose da ricordare. Perché un trasloco non è mai solo di cose, di scatole, ma è anche, e soprattutto, un trasloco di cuore.
Di cuore perché abbiamo lasciato la casa in cui siamo diventati una famiglia, in cui BabyD è cresciuto, ha fatto i suoi primi passi, ha detto le sue prime parole. Una casa che spesso vuol passare a salutare, quando ci troviamo da quelle parti. La nostra "Casa con le nuvole in camera" disegnate dallo zio Gigi prima del suo arrivo. Un pezzo di cuore lo abbiamo lasciato lì tutti e tre.
Di cuore perché abbiamo realizzato il piccolo grande sogno di avere una casa tutta nostra. Ottenuta con fatica, sacrifici, aiuti delle nostre famiglie. Ma finalmente nostra, pronta ad accoglierci, a farci stare bene. Il nostro cuore ha una nuova dimora.
Di cuore per tutto l'aiuto e il supporto che abbiamo ricevuto dalle nostre famiglie. Con la mia mamma e il mio papà sempre pronti ad ospitarci da loro, ad occuparsi del piccolo in modo da farci essere liberi di fare i lavori in casa. Con mio fratello, i miei cugini, i nostri amici pronti ad indossare una tuta da imbianchino per aiutarci a demolire e poi ridipingere pareti, cancelli, ringhiere. Un cuore grande da parte di tutti.
Di cuore per me e PapàI, per i nostri pomeriggi insieme ad imbiancare e verniciare, per i panini mangiati seduti a terra, in quello che è diventato il salone, ancora pieno di teli e scatole, ma già chiaro nella nostra mente. Momenti di delirio che custodiremo tutta la vita, sorridendo, nel nostro cuore.
Di cuore per BabyD, per il cambio di vita che si è trovato ad affrontare, anche se in un posto già conosciuto per la presenza dei nonni vicini e l'asilo già iniziato qui. Un cuoricino, il suo, che ha amato con molta facilità questo nuovo posto in cui vivere e ora lo chiama casa.
Così come lo chiamiamo anche noi.

lunedì 31 ottobre 2016

HALLOWEEN: DIY FACILI FACILI

Foto: fonte web
Ve lo devo dire: io non ho mai festeggiato Halloween. Nè zucche illuminate, nè mostruose maschere, nè <dolcetto o scherzetto>. 
L'unico ricordo che ho della "notte delle streghe" ai tempi dell'infanzia è la luce degli "officieu", candele tipiche della tradizione ligure, ormai quasi introvabili. Famiglia intorno alla piccola fiamma, segno del ricordo dei familiari saliti in cielo.
Solo da ragazzina avevo un po' abbandonato la tradizione familiare per partecipare a qualche festa dallo spirito pagano...fatta di meravigliosi cioccolatini ai cereali, che ancora ricordo con l'acquolina in bocca, e qualche party (leggi: uno) in discoteca, con tanto di cappello da strega e trucco per l'occasione. Avevo vent'anni e tra le miriadi di ragazzi stipati nella sala avevo incontrato, o meglio re-incontrato, gli occhi di quello che oggi è PapàI. Ma questa è un'altra storia...

Stasera, con un bimbo di quasi tre anni, parteciperò alla mia prima festa di Halloween, un baby-friendly party a casa di amici.
Dovendoci un minimo preparare per l'occasione, ho lasciato fare alla mia parte creativa...e ho dato vita a qualche piccola creazione facile facile, adatta a chi si deve preparare all'ultimo momento.


Iniziamo con l'aspetto culinario! Ovvero come trasformare una normale torta salata in un piatto per Halloween.

Ingredienti:
Per la pasta:
200 g di farina
100 ml latte
1 cucchiaio di olio
Sale qb 
Per il ripieno:
Due fette di zucca
Mezza cipolla bionda
2-3 etti di riso
2 uova
Grana grattugiato

La pasta usata in questa ricetta è stata un'ottima scoperta! Facile (pure per me che fino a qualche mese fa compravo la sfoglia già pronta), veloce e versatile per ogni tipo di torta salata. 
Si dispone quasi tutta la farina su una madia o in una ciotola capiente, si aggiunge pian piano il latte e per ultimo l'olio, aiutandosi alla fine con la farina tenuta da parte.
Dopo aver lavorato gli ingredienti, è bene lasciarla riposare qualche minuto.
Per il ripieno, io sono partita avvantaggiata perché avevo il ripieno di zucca già bello pronto in freezer. Visto che la zucca è una dei più bei doni dell'autunno, me ne faccio sempre qualche riserva. In alternativa, ci vuole poco a far sbollentare la zucca, pulita e tagliata a pezzettoni, in modo da poterla schiacciare con la forchetta, per poi farla leggermente stufare con la mezza cipolla finemente triturata.
Si aggiunge poi al ripieno il riso cotto e sciacquato sotto l'acqua corrente. Si termina con due uova e grana grattugiato a piacere.
Al momento di disporre il tutto nel tegame, dividere a metà il panetto di pasta, stenderne una parte e riempirla con il ripieno, quindi stendere la rimanente pasta...e usare la fantasia per le decorazioni! Io e BabyD abbiamo scelto di riproporre una maschera come l'avessimo intagliata sulla zucca, ma pipistrelli, fantasmini e altri mostriciattoli possono decorare la superficie della torta.
Finita la preparazione, in forno a 180-200 gradi per una mezz'oretta.

Stasera ci gusteremo questa mostruosità...e vedremo se è buona quanto bella :-)


Possiamo partecipare ad una festa di Halloween senza un minimo di travestimento?
Ho pensato ad un costumino semplice, veloce e adattabile a tutte le età. 
Sono necessarie solamente magliette in cotone bianche o nere, magari di qualche misura in più. Poi feltro o stoffa bianca e nera o al limite un pennarello che scriva su stoffa.

Facciamo il vestito da fantasmini!

Materiale:
Maglietta in cotone (se possibile di qualche misura più grande)
Pezzi di stoffa o feltro
In alternativa pennarelli per stoffa

Per il cucciolo abbiamo recuperato una maglietta XL bianca del nonno, in modo che faccia proprio da abitino; per mamma e papà ci siamo accontentati di magliette nere un pochino datate scovate in fondo all'armadio.
Ho ritagliato la forma per fare occhi e bocca del fantasma, neri e bianchi, da usare in contrasto col colore della maglietta, e li ho cuciti con del filo. Cucitura non precisa, eh...
Eventualmente si può disegnare direttamente sulla maglia con il pennarello per stoffa.







Nel caso della maglietta per BabyD, o tagliato anche la parte inferiore della maglietta, in modo da dare un po' di movimento e farlo sembrare di più un fantasmino svolazzante. Effetto dato anche dalle maniche larghe.







Ed ecco così semplicemente pronta la famiglia di fantasmi! 

E voi? Avete preparato qualcosa per questa sera?
Happy Halloween a tutti!

mercoledì 19 ottobre 2016

NON HO SCELTO PER TE, MA TI ACCOMPAGNO PER MANO


Qualche settimana fa ho portato BabyD ad un incontro di psicomotricità propedeutico alla danza, tenuto da una mia amica. Un'iniziativa veramente bella, basata non solo sulla musica e il movimento, sulla coordinazione e sul rispetto delle regole e degli spazi, ma con riferimenti al mondo montessoriano, al 'ti insegno a fare da solo', allo sviluppo della libertà di ogni bimbo.
BabyD è entrato nella palestra lanciatissimo, tutto saltellante, attratto da maracas e tamburelli che l'insegnante aveva disposto a terra. È partito, con gli altri bimbi, dal 'cerchio della partenza', ha fatto un pezzettino di percorso brandendo la spada in gomma consegnata ad ogni maschietto, si è seduto sui tappetini per fare gli esercizi di coordinazione. Poi ha fatto un passo indietro, si è seduto vicino a me ed è stato ad osservare, senza più partecipare attivamente, nonostante gli inviti della maestra, nonostante io lo accompagnassi nel gruppo per mano. Tutto in estrema tranquillità, senza piangere, lamentarsi o annoiarsi. Ha semplicemente guardato ciò che accadeva. 
Alla fine della lezione, al momento del "liberi tutti", si è alzato e ha cominciato a giocare, un po' da solo, un po' con gli altri bimbi. Per poi continuare quando ci siamo spostati tutti al parchetto lì vicino.

Succede sempre così quando si trova in un gruppo numeroso. Questa apparente asocialità si annulla se il gruppo di bimbi è limitato a due o tre. Gli basta giocare una volta con un bambino per dire a tutti che è suo amico, per correre da lui appena lo vede, per condividere con lui ogni gioco. Qualche giorno fa, per esempio, mentre correva nella stradina vicino alla nostra futura casa, è inciampato e si è procurato un bel taglio sul labbro. Mentre lo portavano alla fontana più vicina (in casa non abbiamo ancora l'acqua), è arrivato il suo amico Leo, compagno d'asilo. Appena visto lui, quasi non gli interessava di avere quel taglio che lo aveva fatto piangere fino ad un secondo prima. <Voio andare giù, dal mio adico!>.

Questo suo giocare in disparte, osservare da fuori quando c'è un gruppo di bambini, ma contemporaneamente condividere ogni suo gioco e attività quando ci sono solo lui e uno o due amici è una caratteristica delle sue <relazioni sociali>.

Che poi, a dirla tutta, è il mio stesso modo di essere sociale. Anche io, a trent'anni suonati, sono molto più a mio agio nelle amicizie singole, o comunque relative ad un piccolo gruppo fidato, e sono pessima, invece, se si tratta di grandi numeri. Per dire, con la mia amica <più datata> ci conosciamo dai tempi della prima elementare e si può dire che non ci siamo più lasciate, anche se viviamo a centinaia di chilometri di distanza. Non riesco, al contrario, a partecipare attivamente per esempio ai gruppi whatsapp o a serate fatte di grandi numeri. Solo da quando sono mamma ho tante "amiche mamme" con cui condivido la mia vita; prima avevo le mie amiche di sempre e stop.

Io e lui siamo fatti per la grande Amicizia, quella che trovi da piccolo e non cambi più.

A volte, però, a me pesa essere così asociale nelle attività di gruppo. Soprattutto nell'adolescenza questa innata ritrosia mi ha fatto sentire più volte a disagio. Avrei voluto essere spontanea e invece mi chiudevo sempre più a riccio.

Dato ciò, mi viene spontaneo aiutare e supportare mio figlio da questo punto di vista. Penso che accompagnarlo ad attività che prevedano il gioco di gruppo sia salutare per il suo carattere, invece che tenerlo da solo. Anche perché essendo l'unico bimbo piccolo della famiglia non ha (ancora) fratellini o cuginetti con cui giocare spesso.

Così abbiamo fatto acquaticità quando aveva tre mesi e laboratori montessoriani quando di mesi ne aveva sei. Asilo nido a dieci mesi (ma questo per necessità!). Insomma, le attività di gruppo non gli sono mancate fin da piccolino. E ora questo corso di psicomotricità mi pareva una fantastica idea.

Però mi chiedo se sia giusto tentare di coinvolgerlo in questo genere di attività, in cui, come si è visto, lui si mette presto in disparte e fa l'osservatore. 

Sto forse solamente rivedendo me in lui e quindi conducendolo verso una strada che vorrei fosse la mia?

È giusto che lo spinga perché so che (forse) gli farà bene o è ancor più corretto, o meglio dire rispettoso, assecondare il suo carattere e lasciarlo libero di esprimersi dove e quando vuole lui?

Conoscendolo, sono quasi sicura che gli sono necessari, e sufficienti, un paio di incontri prima che si sblocchi e si lasci coinvolgere. Deve studiare la situazione e capire se può far per lui o meno, prima di agire. 
D'altra parte, vorrei fosse lui a manifestarmi l'interesse di proseguire un'attività, anche se è piccino...perché dopo il mio input iniziale sono certa che sappia se una cosa gli piace o meno.

Quando siamo tornati a casa dopo la prova di psicomotricità, gli ho chiesto se gli era piaciuto il pomeriggio. Mi ha risposto di sì, senza esitazione. Poi gli ho chiesto se voleva tornarci. E, con fermezza, mi ha detto di no.

<Che faccio ora?> mi sono chiesta.

Papà e nonni mi hanno caldamente consigliato di <lasciarlo stare>, che è piccolo e ha tutto il tempo di fare attività di gruppo. 

Io ammetto di essere stata combattuta. Poi ho optato per non iscriverlo. Per ora. 
Per non forzarlo.
Perché ha appena iniziato la scuola materna e vita sociale ne fa comunque tutto il giorno.
Perché siamo in attesa di traslocare. E fino a quel giorno ogni mattina e ogni sera ci facciamo i nostri venti chilometri di auto per raggiungere lui l'asilo e io la farmacia.
Insomma di fonti di stress ne ha (abbiamo) abbastanza senza sforzarci.

Non so se ho fatto la scelta giusta. Ma per ora nei momenti liberi ci facciamo una passeggiata nel bosco a raccogliere le castagne, due corse sul piazzale della Chiesa con i compagni d'asilo che incontriamo o ci facciamo coccolare dai nonni. 

Non ho scelto per te ma ti accompagno per mano dove desideri andare. E, al momento, mi pare la decisione migliore.